LA BASILICA SOTTERRANEA   

Gli scavi condotti negli anni 1964-1977 (direzione I. Rogger) hanno riportato in luce i resti della precedente basilica paleocristiana con successive modifiche, di cui s’era perduta ogni memoria. L’accesso (z) è all’angolo del transetto settentrionale e scende attraverso una delle scale laterali alla cripta demolita nel 1739. Di questa cripta tardoromanica, pertinente al Duo­mo attuale, il visitatore può identificare il piano pavimentale (situato press’a poco alla quota dell’ambulacro odierno) e vari altri elementi superstiti degli ingressi anteriori e delle fiancate della parte anteriore, come pure la serie delle finestre che illuminava la porzione posteriore sottostante al coro.

L’aula paleocristiana.

Per una visita razionale della basilica paleocristiana si consiglia di percor­rere in lunghezza tutta l’area sottostante alla navata centrale del Duomo, recandosi fino alla zona dell’antica porta principale. All’esterno di questa si vede ancora la pavimentazione originaria della zona antistante, corrispondente a un atrio o forse a un quadriportico. Attualmente in questo spa­zio sono sistemate alcune pietre tombali molto più tardive, di cui la più rag­guardevole è quella del principe vescovo Udalrico Frundsberg (m. 1493). Dal piano dell’atrio un rialzo di tre gradini portava a quello della soglia della basilica. Le porte in facciata erano tre; le due laterali si trovano ora sommerse dalle strutture di fondazione della chiesa sovrastante, mentre invece la porta centrale è tuttora praticabile e si presenta affiancata dai suoi stipiti originali.

 Dall’ingresso in avanti per tutta la superficie dell’interno il piano pavimentale di questa basilica era tappezzato da uno strato di tombe terragne, come quelle che qui si possono vedere nella parte lasciata scoperta. Internamente rifinite con un intonaco di cocciopesto che assicurava l’impermeabilizzazione, le singole tombe erano chiuse con lastre rettangolari in pietra e infine ricoperte da uno strato di terrazzo grigio che le nascondeva sotto il pavimento (un saggio della situazione come fu rinvenuta nello scavo e conservato nell’angolo sud-ovest). Solo poche di queste lastre portavano delle iscrizioni, dato che le tombe erano destinate a rimaner nascoste sotto il pavimento fin dal giorno dell’inaugurazione della chiesa. I resti di epigrafi rinvenute sono stati raccolti e sono ora esposti sui lati dell’aula. Degna di particolare attenzione è l’iscrizione greca, unica sinora nel territorio trentino, che ricorda un certo DIAS, figlio di Bassiano, commerciante della regione di Antiochia, morto qui a quarant’anni senza pendenze passive così pure l’epigrafe latina iscritta in un clipeo rotondo, che ricorda un presbìtero di nome METRONIO, qualificato come custode di questa basilica, egli è detto figlio di un certo Eliodoro, oriundo di Nikerontha. che era una grossa borgata nel retroterra di Antiochia. I resti ossei di circa ottanta individui, rinvenuti nelle varie tombe dell’antica basilica, sono stati raccolti ordinatamente nei loculi che si trovano presso la porta contrassegnati con la sigla P.

 

Le sepolture vescovili.

Dei due sarcofaghi lungo il lato settentrionale dell’aula, il primo contiene dal 1977 lo scheletro del b. Adelpreto, principe vescovo che fu ucciso da feudatari ribelli nei pressi di Arco il 20 settembre 1172 e fu tosto venerato come beato; il marmo (5) è un frammento di cornice dell’antica Porta Veronese, da cui fu ricavato un sarcofago, rinvenuto vuoto nell’atrio della basi­lica. Il secondo (6) è di epoca tardo-romana. di altra provenienza, e custo­disce la salma del venerabile Giovanni Nepomuceno de Tschiderer, vescovo di Trento dal 1834 al 1860, che lasciò un ricordo imperituro di bontà eroica. Negli antichi loculi che proseguono anche qui sotto il pavimento sono state recentemente deposte le spoglie di vari altri vescovi di Trento,

 soprattutto dei più recenti. L’aula ha assunto così la destinazione di sepolcro dei vescovi e luogo dedicato alla loro memoria. Tale è il significato richiamato dalle due tavole marmoree collocate in posizione frontale che rievocano la successione ininterrotta dei presuli tridentini iniziata poco dopo la metà del secolo IV. Il blocco che emerge al centro è un catafako marmoreo (del secolo VI, o forse del secolo XI) messo già come monumento a contrassegnare la tomba di s. Vigilio. La tomba stessa, che si trovava alcuni metri più avanti, doveva essere una semplice tomba terragna, situata entro le stesse coordinate che regolano l’assetto delle altre tombe, serrate e strette intorno ad essa in modo da formare un vero e proprio retrosanctos.

AFFRESCHI TRECENTESCHI